165 km |
Mountains |
Brittle deformation, fold, fail and bend |
Oggi è l'ultima tappa attraverso le Alpi e ci aspettiamo fuochi d'artificio sui fianchi del Galibier, della Croix de Fer e dell'Alpe d'Huez. I corridori inizieranno la corsa nelle falde tettoniche Alpine derivate dall'Oceano Vallese e dal microcontinente Briançonnais (vedi tappa 9 e tappa 11) e attraverseranno il margine continentale deformato dell'Europa che contiene de Croix de Fer e Alpe d'Huez. Durante la tappa di oggi il gruppo attraverserà una regione che ha subito entrambi i meccanismi con cui le rocce vengono tipicamente deformate, su scala millimetrica o su scala di intere catene montuose: il primo meccanismo ha prodotto fratture (faglie) nelle rocce, le quali sono poi state spinte e impilate l’una sull’altra (vedi tappa 9) o separate e smembrate. Questo tipo di comportamento è noto come deformazione fragile e si verifica quando a bassa temperatura (< 350°C) le forze applicate su una roccia superano la sua resistenza interna: in questo caso la roccia si spacca lungo superfici discrete formando le faglie. Quando le rocce si fagliano e scivolano velocemente lungo il piano di faglia provocano i terremoti.
Nel secondo meccanismo di deformazione, le rocce possono piegarsi come fossero fatte di pongo e creare graziose rughe che possono essere di dimensioni centimetriche o larghe chilometri. Questo è noto come deformazione duttile e si verifica quando ad alte temperature (> 350°C) le forze applicate permettono alle rocce di deformarsi come un fluido molto denso. La deformazione duttile è graduale, non produce terremoti ed è il meccanismo comune di deformazione della crosta inferiore e mantello terrestre sotto i 15 km. Ma in superficie, a seconda delle proprietà della roccia e della velocità e della quantità di spostamento, le rocce possono subire entrambi i tipi di deformazione. Ed è quello che è successo lungo il percorso della tappa odierna.
Galibier – una piega enorme sopra una faglia
Il Galibier è una montagna che fa parte della falda del Briançonnais - uno spesso pacco di rocce provenienti da un microcontinente (vedi tappa 9) che è stato sepolto a grande profondità nella Terra (vedi tappa 11). Questa falda tettonica è separata da faglie dalle unità sottostanti e sovrastanti, ma internamente è stata piegata in enormi pieghe coricate orizzontalmente. Nella figura in basso, puoi vedere dove si colloca il Col de Galibier all’interno di queste pieghe. Le Alpi sono famose per la dimensione delle sue strutture, le quali sono testimoni della complessità con cui le rocce si deformano quando due continenti si scontrano. Una deformazione come questa richiede che pacchi di roccia spessi chilometri si comportino come una gomma da masticare in grado di accomodare decine di chilometri di raccorciamento.
Piegare sull'Alpe d'Huez
La famosa Alpe d'Huez è probabilmente la salita più nota del Tour de France, certamente una delle più epiche della corsa. Vi mostriamo qui un’immagine dell'Alpe d'Huez come non l’avete forse mai vista prima. Il geologo francese Thierry Dumont e i suoi colleghi hanno dimostrato che l'Alpe d'Huez fa parte di una grande piega che è più grande dell'intera montagna. Gli strati rocciosi di età Giurassica (Liassica) simili a quelli che abbiamo visto nelle montagne del Giura, sono qui piegati e resi verticali lungo la maggior parte del percorso. La struttura di questa piega non è semplice, ma il lavoro dettagliato dei geologi francesi ha dimostrato che il ripiegamento è avvenuto in almeno quattro fasi con diverse direzioni di compressione. Le rocce dell'Alpe d'Huez sembrano un asciugamano accartocciato, gettato in un angolo dopo l'uso. Rispetto all'intera catena delle Alpi, quello dell'Alpe d'Huez è solo un piccolo dettaglio. Un dettaglio che lo scalatore più veloce (Marco Pantani) ha impiegato quasi 37 minuti per completare. Cosa porterà la salita di oggi? Chi cederà, chi arriverà piegato, chi fallirà e si spezzerà? E chi sarà l'eroe che, nonostante tutti gli sforzi, arriverá, forse con i muscoli a pezzi e piegato dagli sforzi, ma in testa?
I am a geologist and I study fundamental tectonic processes in ophiolites and mountain belts using paleomagnetism, magnetic fabrics, and structural geology. I enjoy fieldworks, but am also passionate of laboratory work to explore technical aspects of rock magnetism.
Marco Maffione
I am a geoscientist specializing in paleomagnetism, geochronology, and stratigraphy. I develop palaeogeographic, paleoenvironmental, and paleolandscape reconstructions. My current projects focus on: - ocean and marine connectivity, the evolution of ocean passages and sea-straits; - connectivity-driven environmental changes, in deep oceans and epicontinental seas; - landlocked basins - paleoenvironmental evolution and reconnections with the global ocean.
Dan Palcu
I am a geologist and I study plate tectonics and the driving mechanisms in the Earth’s mantle, mountain building processes, and the geography of the geological past. I enjoy geological fieldworks all over the world, and translating the results to science and a broad public.
Douwe van Hinsbergen